Ph.Fonte Silvia Meo

Rinascite quotidiane

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Disattenzione” di Wislawa Szymborska:

Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente.

Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.

Inspirazione, espirazione, un passo dopo l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.

Propongo un pensiero sulle possibilità di rinascita quotidiana, minima solo apparentemente, sistematica, profonda e silenziosa. Le rinascite quotidiane, spesso le chiamiamo crisi, prevedono l’accettazione e la coscienza della morte e della speranza. Maestra di viaggio, fra molte altre, è Maria Zambrano, nel testo Verso un sapere dell’anima: Sembra che dover rinascere sia condizione della vita umana. Dover morire e risuscitare, senza uscire da questo mondo.

La vita è zoe, ci è data, è esistenza biologica, un mero dato fattuale. Ma è anche bios, scelta consapevole, processo continuo che ci porta a ripensare e ad agire il senso del nostro stare al mondo. Dalle dinamiche di rinascita allontaniamo la finta retorica dell’eroe e dell’eroina sacrificale perché chi sceglie di rinascere, ogni volta, non vince, non si dichiara vittima e non salva nessuno: la persona che sta accudendo la propria rinascita può essere stanca e avvilita, registra il dolore, rimane nell’abbandono e vede la morte del seme sepolto nella terra. È terribile registrare la realtà di un quaderno finito, di una cella frigorifera, con un foglio osceno, a ridurre l’identità complessa, a chiudere le idee, i desideri e i progetti. La speranza viene a trovarci proprio lì: risentiamo la forza della vita che spinge e fa ancora male, la necessità di ritornare ad abitare le relazioni e i contesti sociali, la gioia faticosa, a capovolgere lo sguardo, a infastidirci, impegnandoci a mettere a fuoco quello che avevamo considerato come l’invisibile e l’inconcepibile. La cura è nel rimanere a vigilare i segnali inviati, talvolta silenziosi, talvolta urlati, dal nostro corpo, dalla mente e dall’anima.

La rinascita è una conversione che comporta passaggi in discontinuità, comporta vertigini, spaesamento, paura. Perciò è fondamentale prepararci a farci incontrare dalle crisi, imparando a chiedere aiuto e a fidarci, per non rimanere sorpresi e paralizzati, e per accogliere bene, con amore, il cambiamento, come un momento di svolta e di verifica, come una nuova occasione per essere felici. La speranza è una scelta emotiva e cognitiva; significa che, lontane/i dai facili ottimismi e dalle pericolose attese magiche, misuriamo la realtà e ci consegniamo ad essa, accompagnando gli avvenimenti senza opposizione, senza sfida, senza rancore. Gli eventi che ci capitano, la morte, la mancanza, la perdita ci stordiscono, ci fanno precipitare nel buio e nell’impotenza, e rappresentano l’inverno che ci tocca verso la nuova luce. Non esistono dèi malevoli che appendono gli umani alle croci; invece, ciascuna persona, con i suoi tempi e con le sue modalità, rivela la liberazione dalla fissità patologica e la libertà di esprimere il Sé.

Dice bene ancora Maria Zambrano: … il doversi creare il proprio essere si manifesta precisamente con ciò che chiamiamo speranza…la speranza è fame di nascere del tutto, di portare a compimento ciò che portiamo dentro di noi in modo solo abbozzato. In questo senso, la speranza è la sostanza della nostra vita, il suo fondo ultimo; grazie ad essa siamo figli dei nostri sogni, di ciò che non vediamo e non possiamo verificare. Affidiamo così il compito della nostra vita a un qualcosa che non è ancora, a un’incertezza. Per questo abbiamo tempo, siamo nel tempo: se fossimo formati già del tutto, se fossimo già nati interamente e completamente non avrebbe senso consumarci in esso.

Le nascite successive inverano la prima nascita, fanno diventare autentica la nascita storica, quella scritta sulla carta d’identità, offrendole un senso ampio, un copione risolto, in autonomia: questa è la speranza. Rinasciamo quando impariamo a scegliere e a decidere, quando combaciamo con noi stessi/e e con l’esistenza che ci attraversa. Rinascere non è ritornare al sé stesso di prima, con variazioni in superficie, non è ripetere lo stesso modello, ma è costruire un orientamento alla differenza che matura in noi stesse/i e che va sorvegliato con benevolenza e nutrito con lo studio, con la ricerca e la condivisione in comunità flessibili e includenti. Quando ci toccherà, moriremo vive e vivi, e saremo polvere benedetta e luminosa, a ritrovarci nei percorsi segnati, nelle parole fatte circolare, in ogni Natale che tornerà a significarci il senso dell’essere in relazione.

Ringrazio la Rivista Correlazioni Universali, la direttora editoriale Angela De Leo, il responsabile Peppino Piacente per aver accolto la collaborazione

 

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