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Omicidio a Primavalle e incidente a Casal Palocco. Cosa apprendiamo dai giovani?

 

Ph.Fonte Silvia Meo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I fatti, due

A Primavalle, un quartiere di Roma, Michelle Maria Causo, 17 anni è stata uccisa con sei coltellate. Il suo corpo, avvolto in un sacco nero, è stato trovato in un carrello per la spesa, vicino a un cassonetto. Per l’omicidio è stato arrestato un 17enne: ha confessato di aver ucciso la coetanea dopo un litigio legato alla droga.

A Casal Palocco, sempre Roma, un suv Lamborghini guidato da Matteo Di Pietro, uno YouTuber ventenne, ha travolto una Smart a bordo della quale c’era anche un bimbo di 5 anni, Manuel, deceduto.

Un pensiero

I fatti accaduti turbano ed è comprensibile il biasimo istintivo per la giovinezza perduta, brutta e cattiva. Oltre ai risentimenti, alle rivendicazioni e alle attribuzioni di colpe, è necessario parallelamente riflettere sul modello antropologico che abbiamo contribuito a creare e a cristallizzare negli ultimi vent’anni, pur non essendo d’accordo, pur contrastandolo con tutte le forze. Spendiamo la vita in un mondo, il nostro, in cui tutti sono ricattabili, in cui il denaro e il potere sono i valori riconosciuti e mediatici. Accanto alla frustrazione, possiamo avviare riflessioni sulla parte autodistruttiva di tutti gli esseri umani, su quali adulti noi stessi/e diventiamo e su come ci proponiamo, sulla testimonianza che offriamo, lì dove viviamo e lavoriamo.

Il/la giovane può deviare, può perdersi: le persone adulte svolgono, in ogni ruolo, una funzione pedagogica e sono una garanzia per avviare scambi di pensieri su ipotesi differenti di comportamenti adeguati, dinanzi al male che è dentro ogni vivente, non fuori.

Siamo figure genitoriali e costruirci come persone sane e felici è il dono che possiamo offrire interagendo con i/le giovani. Sane e felici significa che, in ogni situazione, abbiamo acquisito non tanto il governo definitivo – ché, ogni tanto, ci scappa, insieme al tempo, anche la pazienza – ma un orientamento alla consapevolezza rispetto al sentimento, al ragionamento e alla scelta di azione che ne consegue. Siamo persone sane e felici maturando una visione chiara di noi stessi/e, degli altri e delle altre, del lavoro, del successo, del divertimento, dell’esistenza.

La prevenzione è fondamentale e coinvolge tutta la società, dalle istituzioni ai singoli individui. In alcune situazioni, il danno è fatto e può, invece, essere reversibile la scelta di vita. Dinanzi all’evento irreparabile, è indispensabile essere pronti/e ad avviare un processo di conoscenza e di consapevolezza sul senso della colpa, oltre il peccato e la punizione, oltre il finto esame di coscienza, suggerito dagli/lle avvocati/e scaltri/e.

Vorremmo, per noi e i nostri piccoli, diventare adulti senza dolore, senza pagare prezzi alti in prima linea, senza disciplina intellettiva ed emotiva. La presa in carico di sé e l’autocoscienza, al contrario, ci conducono attraverso passaggi più o meno pericolosi, difficili, talvolta tragici, e rappresentano la sostanza del cammino esistenziale. Infatti, veniamo al mondo eletti alla comunione e alla gioia e ugualmente condannati al dubbio, alla ferita, alla contraddizione.

Ci tocca accogliere la fatica di sentire il sentimento anche sgradevole, di attivare il pensiero critico, il discernimento e di compiere una scelta che sicuramente appare risolutiva nel presente, ma che dovrà essere riformulata nel futuro anche prossimo.

No, non ci sono consigli, soluzioni e formule per educare e che assicurino la riuscita dell’essere perfetto e forte e vincente a tutti i costi. Il male ci appartiene e accade. Pensiamo assieme, studiamo le situazioni, interroghiamoci personalmente.

Vent’anni fa, Domenico Starnone vinse il premio Strega. Il romanzo Via Gemito, edito da Einaudi, inaugurò un modo nuovo di ripensare e di valutare la figura del padre forte, un maschio che abbozza sorrisi e ripete battute sconce, solo e presuntuoso, furbo e abusante: un modello, raccontò l’autore, che ha compromesso la serenità di una generazione di figli e di figlie ancora impegnata a modificare, a trasformare, a rileggere, a ristrutturare. Un processo sano di autoanalisi, di autorigenerazione da cui ci auguriamo di ripartire.

Ringrazio il giornalista Luca Ciciriello per la collaborazione

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