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L’apprendimento all’amore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Miriam Toews, la scrittrice e Sarah Polley, la regista rimangono fedeli ai fatti; il libro e il film registrano in trasparenza le vicende; i dialoghi e la scenografia rimandano alla gioia del testo. È la storia, accaduta tra il 2005 e il 2009, della comunità di donne, più di trecento, nella remota colonia mennonita, che si confidano un segreto drammatico: gli uomini per anni le hanno drogate e violentate con uno spray anestetico veterinario, ricavato dalla pianta di belladonna. Nel 2011, questi uomini, fratelli, cugini, zii e nipoti, vengono condannati a lunghe pene da un tribunale boliviano. Nel 2013, mentre i colpevoli sono ancora in carcere, viene reso noto che gli abusi sessuali continuano a verificarsi. Le donne decidono se restare e combattere oppure andare via. Il giovane August Epp, introverso, affidabile, fragile e tenero, stende i verbali delle riunioni, essendo le donne analfabete.

La dottrina mennonita pretende il ritorno alle origini della chiesa cristiana che giudica rovinata dal potere; rifiuta il battesimo e gli scritti dei padri della chiesa; pretende il pacifismo che, in realtà, è solo obbedienza e pretende di crescere santi che accolgano sacrifici e sottomissioni; combatte il lusso con l’esclusione sociale, accettando, in fondo, l’etica sociale calvinista.

Ogni partecipante, figlia, sorella, nipote, convivente, a modo suo, non esaurisce né le parole, né i gesti, pur dolorante, si racconta in gruppo, tenendo in conto anche le assenti, stanche e provate dalla fatica. Le donne che hanno votato favorevolmente per compiere il sacrificio di rimanere contano come le altre, hanno ragioni che tutte devono considerare, perché non è sempre vero che le bestie scappano dai loro aggressori. La violenza fisica e morale è l’espressione di un potere complesso nella sua fenomenologia. Le donne, in fondo, hanno tutto quello che vogliono, devono solo convincersi di volere pochissimo.

Spesso l’ordine delle cose è una costruzione mentale e la visione fallocratica può appartenere agli uomini quanto alle donne. La visione virile e predatoria del mondo è interiorizzata da molte persone e viene riproposta all’esterno come fisiologica. Non è mai semplice e scontato che una donna capisca il sistema reiterato del ratto e dello stupro e se ne allontani in tempo per non perdere la testa, il corpo e il cuore. Ci vuole il tempo, lo spazio e la compagnia accogliente.

Predate come bestie, ferite, non rinunciano a partire da sé e a confidarsi nelle emozioni, nei pensieri e nelle azioni. Il pensiero critico, l’ascolto, il ragionamento astratto e complesso non appaiono legati alla scolarizzazione, ma all’età psicologica e all’esperienza. Nel dolore, queste donne rimangono capaci di discernere, di argomentare, di trasferire e di condividere l’angoscia di morte, i desideri e i sogni frequenti. Nominano la vita quotidiana, creano il pensiero, attraverso le parole, attraverso la realtà e l’esperienza. Le donne del film non sanno di agire una pratica politica. Infatti, il pensiero della differenza parla della “politica del simbolico” e prevede, anche, la cura delle parole scambiate per dire di noi, del prossimo, della vita, del mondo. Se le donne apprendono il diritto alla parola, possono scegliere.

Le giovani e le anziane mennonite sono libere ancora prima di decidere l’allontanamento dalla colonia perché si riconoscono, si vedono, si ascoltano e scambiano sentimenti e riflessioni. Devastate nei corpi e nelle anime, ricominciano dal corpo e dall’anima a immaginare e ad organizzare la speranza. Non sanno se perdoneranno gli uomini per gli abusi ripetutamente subiti. Capiscono bene, però, la necessità di costruire la distanza definitiva dai luoghi e dalle situazioni manipolative. Dopo, potranno liberare le menti dei bambini, di tutti i figli piccoli, colonizzate dall’ideologia patriarcale dominante. Liberano se stesse per liberare anche gli uomini. Dobbiamo proprio sbrigarci… Ma non stiamo scappando… Non siamo ratti in fuga da un edificio in fiamme.

Luisa Muraro parla della tecnica della schivata: se una montagna sta per caderti addosso, scansati. Maria Teresa Romanini diceva di apprendere la Protezione di sé, in primis. Se le donne si proteggono, se si offrono il Permesso di allontanarsi, di schivare la violenza, possono considerare il Perdono, per sé e per gli altri. Non dimenticano, ma donano a se stesse la pace e una diversa possibile comunione con le altre e con il mondo. Ci vuole la Potenza, è così che le donne riprendono la forza, l’energia vitale, ricordando e raccontando, confliggendo e dubitando. Assieme. Niente è scontato: gli assiomi religiosi, filosofici, legislativi, sociali possono essere ripensati e riletti da prospettive nuove e molteplici. Sento fra queste donne che hanno arte e parte, l’élan vital di Henri Bergson, contro il positivismo e l’evoluzionismo darwiniano.

Possono, assieme, riscrivere e trasformare il copione di violenza e di morte. Primitive e lucide, sanguinanti e decise; piangendo, idratano gli occhi e vedono meglio, con amore per sé, per le figlie e i figli. Le une con le altre non utilizzano la persuasione che, spesso, sconfina nell’utilitarismo della comunicazione manipolativa. Si mostrano nell’autonomia dell’io e, di conseguenza, offrono l’autonomia dall’io, verso una dimensione relazionale collettiva. Nessuna dice di avere la coscienza a posto, mettono in dubbio il dubbio stesso, vivendo in se stesse la contraddizione dei sentimenti e dei pensieri. Non si schierano e non si adulano ipocritamente: la lusinga, l’ossequio, l’invidia sono forme di vanità sociale ed è la richiesta infinita rilanciata attraverso i social. Quando ci saremo emancipate, dovremo chiederci chi siamo… È esatto dire che ora come ora noi donne ci stiamo chiedendo qual è la nostra priorità, e cos’è giusto – proteggere le nostre figlie o perdonare ed entrare nel regno dei cieli?

 

Le donne, nel romanzo e nel film, si vogliono bene e desiderano il bene, accolgono l’altra per come è, anche in assenza; chi c’è, nella riunione parla e costruisce l’intimità e lo scambio simbolico e generativo anche per le altre, bisognose di tempi diversi di apprendimento. E le vedo, ci vedo, oltre le lacrime, i denti finti ingombranti, i vestiti logori e sciatti, le scarpe sfondate e scomode, oltre le leggi del patriarcato, della sottomissione e dell’esaurimento mentale. Noi donne siamo artiste… Agata prende la mano di Ona che prende la mano di Salomè che prende la mano di Mejal che prende la mano di Neitje che prende la mano di Autje che prende la mano di Mariche che prende la mano di Greta che prende la mano di Agata.

L’apprendimento all’amore è faticoso perché chi ama assume il carico, leggero e pesante, della diversità e della storia altrui. La relazione sana non serve a guadagnare rapporti di potere personali e non è una proiezione narcisistica di sé. Nel libro e nel film, gli abusanti non compaiono, otto sono già in carcere, ritengono di sentirsi offesi e alle donne viene richiesto di perdonarli.

Il narcisismo è una patologia, i maschi costruiscono mostri sulla base delle proprie frustrazioni e credono davvero di aver subito, loro, un terribile affronto. Torneranno nella congregazione e la cauzione verrà pagata perché gli uomini si coalizzano e si salvano fra di loro e non si accorgono, basici, ignoranti, bugiardi, malati, di essere già morti. Da soli. Qualcuno si suiciderà.

La vita era l’unica cosa. Migrazione, movimento, libertà. Vogliamo proteggere i nostri figli e vogliamo pensare. Vogliamo conservare la nostra fede. Vogliamo il mondo. Vogliamo il mondo? Se sono fuori dal mondo, se la mia vita è fuori dal mondo, fuori dalla mia vita, se la mia vita non è nel mondo, allora che senso ha? Insegnare? Ma insegnare cosa, se non il mondo?

Le donne nel fienile mi hanno insegnato che la coscienza è resistenza, che la fede è azione, che il tempo stringe. Ma la fede può anche essere tornare, restare, servire? Ma ai campi è di grande aiuto anche chi, volgendo in obliquo l’aratro, frantuma di nuovo le zolle sollevate con la prima aratura. 

Note:

  • Le parole in corsivo sono tratte dal libro: Toews, Miriam. Donne che parlano (Gli alianti) (Italian Edition). Marcos y Marcos. Edizione del Kindle.
  • Luisa Muraro è una filosofa, docente all’Università di Verona, studiosa del pensiero femminista, è stata tra le fondatrici di Diotima e della Libreria delle donne di Milano.
  • Maria Teresa Romanini è stata medica, neuropsichiatra infantile, fondatrice della Scuola Superiore “Seminari romani di Analisi Transazionale” e mia analista.

 

 

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