IA

… finché continuiamo a tormentarci e a impazzire

 

 

 

 

 

 

 

 

Ph.Antonella Aresta

 

L’intelligenza umana si esprime attraverso il corpo, la mente e l’anima, il soffio vitale, in un insieme che comprendiamo parzialmente,  per le molteplici variabili, diversamente interagenti. Gli sviluppatori di programmi di intelligenza artificiale (IA) lavorano per riprodurre alcune o tutte le funzionalità della mente umana. Mi chiedo quanto sia possibile, ottimizzando gli algoritmi, insegnare il tormento, produrre il conflitto, sperimentare la follia che attraversano la carne, lo spirito e la mente in modo diverso per ciascun essere umano. E ancora mi appassiona la ricerca nelle relazioni umane di amore e di morte, di mancanza e di desiderio, di presenza e di incomprensione. L’IA, come ogni rivoluzione tecnologica, risponde a input precisi e può garantire una più alta qualità della vita nella misura in cui siamo capaci di sapere chi siamo, di governare i processi e di valutarne gli aspetti etici.

L’ingegnere Giorgio Metta afferma che per apprendere realmente a ragionare come noi essere umani, le magnifiche reti neurali artificiali di recente costruzione debbano essere dotate anche di un corpo simile al nostro.

La capacità umana di apprendimento non è soggetta agli automatismi, non impara soltanto dall’analisi di dati. Nella fenomenologia dei processi di apprendimento e di possibile cambiamento sono coinvolti lo Stato dell’Io Genitore, lo Stato dell’Io Bambino, lo Stato dell’Io Adulto. Gli Stati dell’Io custodiscono la Natura mentale, l’essere costituiti da elementi psichici e non solo biologici; la Fluidità biologica, il cambiamento nel tempo per fattori evolutivi ed esperienziali; l’Adattabilità, le reazioni originali agli stimoli interni ed esterni.

In modo diverso, attraverso ogni condizione psicofisica, conserviamo la capacità di valutare in modo critico e/o affettivo, positivo e/o negativo, di registrare i dati di realtà, immerse/i nella storia personale, nel proprio contesto di corpi, di emozioni e di pensieri. Di ciascuna persona, mi confortano le aree maggiori o minori di possibilità del disturbo psichico, della contaminazione, dell’esclusione, patologie degli Stati dell’Io. Mi conforta sapere della disfunzione perché quell’ombra specularmente rimanda all’autonomia nelle relazioni umane, alla possibilità di consapevolezza, di intimità, di autenticità di cui siamo capaci.

ChatGPT è uno dei software di intelligenza artificiale al centro di una nuova rivoluzione tecnologica, nei lavori di scrittura e di programmazione. Il processo matematico e statistico intervistato, risponde senza l’influenza delle abitudini, dei sentimenti, dei pensieri contrastanti. L’apprendimento supervisionato aggiusta l’algoritmo utilizzando gli errori, in modo che non si ripetano in futuro. Invece io, a 64 anni, non solo sono capace di continuare a ripetere gli stessi errori, ma trovo anche straordinaria e potente questa possibilità di apprendimento seguendo i tempi, gli spazi, le relazioni, la crescita evolutiva solo mia.

Lo scrittore Nicola La Gioia ricorda che imparare dai vecchi errori ha a che fare più con la grazia che con la buona volontà. Possiamo capire cosa avremmo dovuto fare nel passato, non nel presente, poiché il contesto in cui ci muoviamo ora ci espone a insidie sconosciute, mettendoci alla prova in modo inedito. La piena comprensione delle cose arriva insomma quando è tardi.

E gli scrittori Hanif e Sachin Kureishi: Molti temono di essere soppiantati dall’intelligenza artificiale, ma dovrebbero invece impiegare tutte le loro energie per padroneggiare la tecnologia, usandola per lavorare di più e meglio… Un testo senza autore è come una bella automobile senza motore: non avrà mai alcun significato culturale né storico. L’autenticità è soggettività, e la soggettività è la linfa vitale di una storia.

La psicologia sperimentale e l’ingegneria interagiscono e ci rassicurano con la difficoltà di spiegare totalmente il mistero del funzionamento del cervello umano. La tecnica e il mondo digitale del cyberspazio ci aiutano a vivere e a curarci meglio. Continueremo a impazzire, a essere mortali, a un certo punto, fragili, incurabili e questa è la garanzia dell’umanità felice, perché porosa e dolorante. La coscienza e l’incoscienza, il desiderio e l’intuizione; il male indipendente e Dio onnipotente rappresentano la costituzione dell’essere umano, non sono solo variabili emozionali mancanti all’IA.

Sulla terra, siamo dove e come dovremmo essere, nessuno e nessuna cosa può, nel bene e nel male, sostituirsi a ognuna/o di noi. Siamo libere/i e per qualcuno può non essere una bella notizia perché la libertà rimanda alla responsabilità, alla fatica di capire e di trasformare, sapendo che ogni scelta vale in un tempo e in uno spazio e non per sempre. Finché continuiamo a sperimentare le relazioni conflittuali, a sospendere il comando e a perdere il controllo, insomma, finché potenzialmente possiamo impazzire, siamo salvi e rimaniamo umani.

The Creator, il film di Gareth Edwards scritto insieme a Chris Weitz, mi lascia perplessa per ingenuità, affogato in un mare di effetti speciali. La resistenza nell’accogliere l’ibrido uomo macchina non è da addebitare alla forza spiazzante della mente, di Nirmata, in nepalese Creatore, quanto alla mancanza di umiltà dei padroni del mondo, alla passione sfrenata e ostinata per la guerra e per la vittoria come spegnimento dell’altrui esistenza. La creatura umana perde quando non accetta di perdere e di perdersi, quando manca la ricerca di sé e dell’alterità. L’aspetto umano non è l’opposto del tecnologico, e la persona non è in conflitto con l’IA: è la sua anima, è l’energia che può mantenere in vita l’artificio, governandolo per la collettività. L’arma/bambina, l’entità artificiale, può essere un’opportunità, oppure è la lotta con un’entità inafferrabile, è la proiezione e la costruzione di un fantasma nemico interno.

Rimane determinante la ricerca interiore, quel di più nelle riflessioni della filosofa Luisa Muraro, riprendendo una frase della beghina e mistica Margherita Porete: Mon manque est mon mieux, Ciò che mi manca è il mio meglio.  La consulenza e la prevenzione, parlando di educazione Alla persona, trovano ispirazione dalla ricerca pratica, dalla rivelazione e dal ragionamento, come una teologia in lingua materna che Muraro restituisce:

«… ho cercato quello di cui non sono all’altezza, ho imparato che l’impreparazione è il modo per far essere l’essere, dar vita alla vita: che cosa vuol dire? Non essere all’altezza, saperlo, e starci lo stesso, questa è l’intelligenza dell’amore… È la scoperta della radicalità ontologica del desiderio nell’essere umano, desiderio di “niente”, sconfinato, senza appagamento… Quello che mi manca è il mio meglio, perché significa la possibilità di un di più di cui io non ho idea, ma di cui sento la mancanza al presente e tanto basta a rendere grande questo presente, ben più grande di un futuro concepito da me con le mie limitate risorse.»

(Il futuro è aperto, a cura di Elvira Roncalli, Prospero ed., 2023, pagg.130/194)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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